Tsukumogami, anche gli oggetti hanno un anima

Gli Tsukumogami dimostrano che in Giappone, persino gli oggetti possiedono un’anima, plasmata dalle mani di coloro che li toccano, li stringono, li afferrano, li donano, o talvolta li abbandonano. Gli oggetti prendono vita attraverso il contatto umano, come quella che noi chiamiamo energia residuale.

Ciò che ci circonda nella vita quotidiana, gli strumenti che utilizziamo nelle diverse attività, non sono semplici “cose” da sfruttare e gettare a nostro piacimento. Ognuno di essi ha una sua essenza, ci assiste nel lavoro, ci riscalda, ci protegge, ci permette di creare, e talvolta ci fa compagnia. Alcuni oggetti diventano ancor più preziosi nel tempo, diventando punti di conforto, pensate ad un orsacchiotto, che abbracciamo per sentirne sicurezza, affrontare le paure e accompagnarci nel nostro percorso di vita come silenziosi compagni di viaggio affidabili.

Tsukumogami
Articolo ispirato da https://www.tradurreilgiappone.com/

Nel contesto giapponese, questi oggetti assumono la forma degli tsukumogami, spiriti nati da utensili che hanno superato i cento anni di esistenza. La loro forma e natura dipendono dall’oggetto di origine, dal suo utilizzo e dalle condizioni in cui è stato mantenuto. Se un utensile è stato maltrattato o gettato via senza rispetto, diventa uno spirito maligno in cerca di vendetta, con un aspetto terrificante. Al contrario, se è stato trattato con rispetto, assume un aspetto benevolo e appare solo in modo inoffensivo.

Per evitare ritorsioni da parte di questi spiriti malevoli, ancora oggi si svolgono cerimonie chiamate kuyou, una sorta di funerale per gli oggetti vecchi e non più utilizzati. Un esempio è il funerale delle bambole (Ningyou kuyou), che si tiene in ottobre in vari templi e santuari giapponesi. Durante questa cerimonia, si rende omaggio alle bambole amate ma ormai indesiderate, seguite da preghiere di ringraziamento per il loro servizio, prima di essere bruciate e affidate alla benevolenza di Kannon, il bodhisattva della compassione.

Altrettanto famoso è il rito funebre dedicato agli aghi da cucito rotti (Harikuyou), che si svolge annualmente l’8 febbraio in vari templi e santuari giapponesi. Questa cerimonia serve a rendere omaggio agli aghi per il loro contributo, pregando per il loro bene. Si narra che, durante il giorno dedicato alla divinità protettrice delle risaie, le sarte giapponesi mostrassero gratitudine e rispetto verso gli aghi rotti mettendoli in torte di tofu o konnyaku.

E voi? Possedete qualche oggetto così antico che potrebbe essere uno Tsukumogami?