Drullios – Romanzo di Annamaria Ferrarese, Parte 9

DRULLIOS 9

Una donna dai lunghi capelli corvini, gli stava di spalle, tesseva seduta davanti al telaio. Guardò verso gli amici che dormivano, le figure incorporee, attraversavano i loro corpi addormentati. Ad un tratto, vide con la coda dell’occhio, qualcuno uscire dalla camera delle culle. La riconobbe immediatamente, era lei: la regina. Tutte le altre figure si fermarono al suo ingresso, prostrandosi in un breve inchino, per poi riprendere le proprie attività. Era una donna che non poteva avere più di cinquant’anni, aveva i capelli intrecciati, raccolti in una crocchia e vestiva di bianco. Portava una camicia con un alto colletto ricamato, come anche i polsini, la lunga gonna cadeva morbida fino ai piedi nudi. Un uomo con una benda sull’occhio la raggiunse, aveva letto di lui tra le pagine del diario.

«Nuova gente», le disse in una lingua ormai dimenticata, ma che lui stranamente comprendeva.

«Portali a casa», gli rispose lei.

Mirco si alzò dal letto e la seguì fino a quando non si sedette nella poltrona a lei destinata, il suo trono. Con un ampio gesto delle braccia fece spostare due uomini che parlavano animatamente davanti al caminetto. Intimò a tutti di non passare sul tappeto, indicandone i confini. Le figure incorporee le ubbidirono, mentre una donna le chiese il motivo. Mirco la vide sorridere dolcemente, mentre guardava i suoi amici dormire, poi la sentì rispondere: «Le anime dormono».

In quel preciso istante la regina si voltò a guardarlo e gli sorrise. Com’era possibile che potesse vederli? Rimase immobile a fissare quel volto sfigurato, ma capace di trasmettere un’infinita dolcezza. Con un cenno gli indicò l’uomo con la benda, come se lo stesse invitando ad andare con lui, poi le indicò con la mano l’angolo del tappeto e si voltò verso il camino, togliendo il ragazzo da un profondo imbarazzo. Mirco guardò l’uomo che intanto aveva radunato una piccola squadra e decise di seguirli. Nessun altro poteva vederlo all’infuori della regina. Le figure incorporee attraversavano il suo corpo come se non ci fosse. Si unì alla squadra di recupero, ripercorse con loro il tunnel, la stalla era vuota, probabilmente le capre erano al pascolo. Fuori l’aria era calda e afosa, era l’estate di un altro tempo. Vide gli uomini appostarsi tra i cespugli e guardare a valle, giù nel canyon e seguì il loro sguardo. Il forte desiderio di capire cosa guardassero di nascosto, lo catapultò vicino all’oggetto di tale desiderio. Per l’ennesima volta si stupì di tale prodigio e vide le persone che chiedevano asilo presso la colonia. Si trattava di due donne, si tenevano per mano, strette una vicina all’altra, sedute su una roccia. Non riusciva a capire come l’uomo con la benda avesse capito che le due volessero protezione nella colonia. Mentre si poneva questa domanda vide una spirale fatta di sassi, molto simile a quella che aveva costruito lui. Al centro di essa era stato messo una velo di pizzo nero ben ripiegato, con sopra un paio di orecchini in oro e granati, e un stupenda spilla in filigrana, con una grande pietra in vetro, verde smeraldo. Adesso iniziava a capire l’utilizzo della spirale, ma non riusciva a mettere insieme tutti i pezzi. Gli girava la testa ed ebbe un forte senso di nausea. Chiuse gli occhi e prese a massaggiarsi le tempie, quando li riaprì si ritrovò seduto sul letto, le figure incorporee erano scomparse. Fu colto da un forte capogiro, si sdraiò e perse conoscenza.

Si riebbe non molto tempo dopo, scosso da leggeri brividi. L’effetto della sostanza enteogena era finito. Si mise seduto, ricordava con lucidità, il suo viaggio astrale. Ritornò sul libro e, finalmente, fu in grado di capire. Guardò verso il trono, ora vuoto e impolverato e sorrise ripensando alla regina. Sentiva il bisogno di dormire e raggiunse gli amici, si avvolse nel sacco a pelo e si addormentò.

Si svegliarono di soprassalto per via di striduli fischi improvvisi. Lo stato di allarme cessò quando si accorsero che i suoni erano emessi dai piccoli di prolago che giocavano azzuffandosi tra loro.

«Mostriciattoli! Mi è preso un colpo!» Esclamò Roberta.

«Che ore saranno?» domandò Alessandro, dopo un grosso sbadiglio.

«Difficile a dirsi, dovremmo dare un’occhiata all’esterno» disse Luca, mentre andava a controllare i cereali e i legumi messi a mollo. «A giudicare dall’idratazione dei semi direi che abbiamo dormito circa sette ore.»

«Dovremmo fare i turni per l’uso del “bagno”, se non avete nulla in contrario andrei prima io» disse Mirco, che sentiva il forte bisogno di rinfrescarsi.

«Io andrò fuori, potrò constatare almeno in quale momento della giornata ci troviamo, e vorrei raccogliere della legna. Mi piacerebbe assaggiare una zuppa vecchia di trecento anni» riferì Luca strizzando l’occhio.

«Vengo con te» disse Alessandro.

Mentre Roberta si accingeva a mettere la caffettiera sul fornelletto, Mirco si dirigeva, con un asciugamani sulla spalla, verso la sorgente.

L’acqua era fresca e dolce, mentre si lavava pensava a come riferire agli altri la sua esperienza. Decise che prima gli avrebbe spiegato il significato della spirale e per cosa venisse usata dai reietti, poi avrebbe parlato del suo viaggio. Sarebbe stato bello poterlo compiere tutti insieme.

«Ho capito cosa significa il simbolo della spirale» disse a Roberta rientrando nella sala. «Credimi, non ha nulla a che fare con l’evocazione degli spiriti. Aspettiamo gli altri.»

«Meglio così, anzi, ti chiedo scusa per il mio comportamento, so di avere esagerato.»

«Il sole è alto!» esclamò Alessandro, rientrando nella sala.

Era incredibile come si trovassero a loro agio in quell’ambiente, sembrava che lo conoscessero da sempre.

Luca aveva acceso il fuoco nel camino della cucina e aveva lavato con cura un paiolo in rame, ci versò dentro i semi e l’acqua di una bottiglia, con del sale. Poi appese il paiolo al gancio dentro il camino, posizionando il fondo del recipiente sulla fiamma.

«Stupendo, mi sembra di essere tornato indietro di secoli!» esclamò sorridendo.

Si riunirono intorno al tavolo della cucina, quando Mirco chiese la loro attenzione. Mise il libro odoroso di bosco sul ripiano, aperto sulla pagina con il disegno della spirale.

«All’inizio non mi spiegavo alcune cose contraddittorie,» iniziò Mirco, «evocazione, protezione, non riuscivo a capire di cosa si trattasse, fino a quando non ho messo da parte la magia, allora ho capito. Questo posto, come sappiamo dalla storia, era un nascondiglio per tutti coloro che non erano accettati dalla società, ma era anche un posto segreto. Quindi in che modo una persona poteva invocare la protezione della regina e della colonia? Avevano un segnale, ed era questo» disse indicando il disegno.

«Quindi qualcuno doveva avere un legame, sia con i paesi che con la colonia?» chiese Roberta.

«Esatto e io credo che il loro infiltrato fosse colei che si occupò di crescere la figlia di Dolores, che come già vi ho raccontato, non l’amava particolarmente.»

«Non sappiamo quale sia stato il nome di questa ragazza?» chiese Luca.

«No, ma noi sappiamo che divenne la regina di questa comunità, quindi per comodità chiamiamola così. Dunque, quando un reietto chiedeva asilo alla regina, doveva in gran segreto, raggiungere il canyon e costruire una spirale, facilmente visibile dall’ingresso della grotta, e depositare al centro di questa dei doni per la comunità, in modo da dimostrare la seria esigenza di essere accettati. In seguito, avrebbero dovuto attendere, anche diversi giorni, accampandosi nel canyon, che qualcuno si facesse vivo per portarli al cospetto della regina»

«Non cambia granché. Con la spirale che hai costruito, non avrai evocato le entità, ma gli hai comunque chiesto asilo e sono venuti a prenderci!» esclamò Roberta.

«Con una serie di espedienti ci hanno indicato la via per questo posto. Prima il sentiero che hai visto alla luce della fiamma, poi il minerale trovato da Roberta, poi il prolago che ha attirato la mia attenzione e per finire il tuo fungo, Luca. Ci hanno guidati fino a qui.»

«Non è tutto, ho qualcosa da confessarvi, so di aver rischiato, ma dovevo provare.»

«Cos’hai fatto?» domandò per tutti Luca.

«Ho fumato la polvere della sacchetta che ho trovato» confessò.

«Tu sei fuori di testa amico! Se proprio volevi, avresti dovuto farlo sotto controllo. Potevi chiedermelo» lo rimproverò Luca.

«Hai ragione, ma per mia fortuna è andata bene. La tua idea iniziale, che il fungo potesse avere degli effetti allucinogeni, non era tanto sbagliata. Grazie a questa sostanza ho potuto fare un viaggio spirituale nel tempo. Potevo vedere questo luogo vivere. Ho visto la regina e lei poteva vedere noi. Ho visto due donne chiedere aiuto e riparo, usando la spirale e lasciando in dono degli orecchini e una spilla. Ho visto quegli stessi bimbi, che giacciono mummificati nei loro letti, correre e giocare.»

«Che assurdità. Hai fatto solo un bel viaggio» gli disse Alessandro.

In quel momento Mirco ricordò ciò che la regina gli aveva indicato e si diresse verso l’angolo del tappeto, alla sinistra del trono. Lo sollevò, scrutando con attenzione la roccia.

«Ma che stai facendo?» Gli chiese Roberta.

«Lei mi ha indicato questo posto, e guardate, la roccia si muove. C’è un nascondiglio qui sotto.»

Rimosse la pietra e tirò fuori un pesante sacchetto, lo prese e ne rovesciò il contenuto sul tavolo.

Diversi gioielli di sublime fattura, si mostrarono ai loro occhi. Stupendi corniolas, anelli a sigillo con inciso un profilo, e poi meravigliosi bottoni in oro, argento lavorati con incredibile maestria. Per non parlare degli orecchini e delle spille, sulle quali vi erano incastonate diverse pietre come i granati, o il corallo e vetri colorati. Diverse catenelle in oro, o argento. Tra le gioie vi erano anche degli stuzzica denti in oro, e ancora, amuleti, cammei e fibbie. Il tesoro degli emarginati.

«Sono straordinari, i gioielli che si usavano un tempo per le feste. Sono di inestimabile valore!» esclamò Roberta.

«Ma come hai fatto a trovarli?» gli chiese Luca, mentre osservava un crocifisso in filigrana.

«Ve l’ho detto, è stata la regina a dirmelo» replicò Mirco.

«Ho mio Dio, guardate. Ci sono anche le pietre che Mirco aveva lasciato al centro della spirale…» Alessandro era sbigottito.

«Significa che ci hanno accettato? Ma in che modo? Che significa tutto questo?» Le domande di Roberta erano cariche d’ansia.

«Forse desideravano solo essere trovati» suggerì Luca.

«Li rimetto al loro posto, non vorrei suscitare l’ira dei nostri ospiti» disse Alessandro, mentre riponeva gli ori nella sacca.

Nessuno obbiettò. Ripose il tesoro nel suo nascondiglio, ma prima fece scivolare uno dei crocefissi, dono di un’anima emarginata, nella tasca dei Jeans. Non aveva mai creduto in Dio, e neanche nei fantasmi, se è per questo, ma qualcosa più forte di lui lo convinse a prenderlo, e non per rubarlo, voleva solo tenerlo con se.

«Hai dato uno sguardo ai campioni di tessuto?» chiese a Luca, sviando lo sguardo degli altri su di lui.

«No. Accidenti servirebbe più legna. Di questo passo ci vorrà una vita per cuocere questa zuppa.»

«Usa i minerali. Sicuramente usavano la legna per arrostire» gli suggerì Roberta.

Intanto Mirco era entrato nella stanza da letto comune. Voleva individuare il cadavere dell’uomo con la benda.

La camera era al buio, ma notò che le sagome sui giacigli erano diverse. Apparivano più voluminose. Si munì di una torcia e rientrò. Le salme erano più gonfie, e un leggero olezzo putrido aleggiava nell’aria. Non riuscì a darsi una spiegazione. Illuminò quei volti uno alla volta, fino a quando, su uno dei letti più lontani dall’ingresso, trovò l’uomo che cercava. Il suo corpo giaceva supino e una donna gli stava sdraiata accanto, con la testa posata sul suo torace. Ma cosa era successo davvero, a quella gente? Inciampò su qualcosa. Illuminò il pavimento di roccia e vide un ammasso di peli. Riconobbe il muso di un cane, accucciato vicino al suo padrone.

Doveva sapere di più, doveva fare un altro viaggio in quel mondo dimenticato, dove quelle persone ancora respiravano, dove ancora vivevano. Ma come poteva provare anche agli altri e a se stesso, che ciò che vedeva durante “il viaggio” era successo realmente?

Rientrò nella sala. Luca era intento ad ammassare alcuni piccoli minerali nel focolare.

«Ti posso parlare?» gli disse, sottovoce.

Luca capì che si trattava di qualcosa di cui gli altri non avrebbero dovuto sapere e si spostò verso la dispensa. Mirco lo seguì. Alessandro si accingeva ad osservare al microscopio il campione di tessuto messo nell’agar la sera prima da Luca. Mentre Roberta sfogliava i manoscritti, alla ricerca di qualche informazione sui minerali. Non si accorsero del loro dileguarsi.

«Che succede?» gli domandò preoccupato.

«Ho bisogno che anche tu assuma quel fungo, e che lo faccia insieme a me» gli rispose Mirco, senza mezzi termini.

Luca non rispose, lo fissò per un attimo e poi distolse lo sguardo su una delle bottiglie di vino.

«Quando vorresti farlo?»

«Quando gli altri si addormenteranno.»

Luca prese la bottiglia e la stappò, odorandone il contenuto.

«Posso farlo, ma a una condizione.»

«Anche gli altri devono saperlo per tenerci sotto controllo.»

«Va bene» accondiscese Mirco.

«Senti questo odore?» gli domandò Luca, e continuò ad annusare l‘aria fino alle forme di formaggio, riposte ordinatamente sul mobile. «Non sembra anche a te di sentirne il profumo?»

Mirco si avvicinò. Le forme che inizialmente erano pietrificate, ora apparivano più fresche e un leggero strato lucido di grasso ricopriva la parte esterna.

«Probabilmente il calore generato dalle torce sta interagendo con la parte superficiale» ipotizzò Mirco.

«Voglio provare a tagliarne uno» gli disse, porgendogli la bottiglia e afferrando una delle forme.

«Ehi Luca, vieni a dare un’occhiata!» chiamò Alessandro.

Lo raggiunsero.

«Qualche reazione?» gli chiese.

«Durante gli studi abbiamo fatto esami istologici, su diversi tessuti, anche su campioni mummificati. In questi ultimi casi ho notato una quasi totale epidermolisi della cute. In questo campione l’epidermide è intatta.»

«Questo è pressoché impossibile» sostenne Luca osservando a sua volta.

«Ma che razza di processo hanno subito questi corpi? Non c’è traccia né di funghi, né di muffe. Dai un’occhiata allo strato basale.»

I due si scambiarono di posto.

«Lo strato germinativo, sembra attivo. Dobbiamo portare questi campioni in un vero laboratorio. Potrebbe essere una grande scoperta medica! Come può un corpo mummificato di trecento anni, presentare ancora una mitosi cellulare?»

«Attendiamo qualche altra ora, per esserne certi.»

«A quanto pare sembra che ogni sostanza organica stia subendo un processo inverso, anche i corpi nell’altra stanza non sono più come li abbiamo trovati» li informò Mirco.

«A questo punto mi sembra che non ci sia più nulla da fare qui. Abbiamo bisogno di attrezzature più complesse per studiare tutti questi nuovi elementi. È tempo di avvisare l’università» decretò Roberta.

«Sono d’accordo anche io, ma vi chiedo un ultimo favore. Ho bisogno di fare un ultimo esperimento, ho già l’appoggio di Luca e vorrei anche il vostro» disse Mirco.

«Ti ascoltiamo» disse Alessandro per entrambi.

«Voglio fare un altro viaggio spirituale e Luca lo farà con me. Il vostro compito sarà quello di sorvegliarci.»

«È una follia! A quale scopo?» Roberta era spaventata dalla loro decisione.

«Voglio essere certo che si tratti di un vero viaggio a ritroso nel tempo. E non un’allucinazione condizionata dalle entità presenti in questo posto dimenticato da Dio.»

«Non capisco in che modo tu possa provarlo» insistette la ragazza.

«Se io e Luca potremmo interagire nel nostro viaggio ed entrambi potremmo vivere la stessa medesima esperienza, non avrò altri dubbi, e non ne avrete neppure voi» affermò con convinzione Mirco.

«Davvero sei d’accordo con questa idea folle?» chiese Alessandro, rivolto a Luca.

«Inizialmente no, devo ammetterlo. Poi ci ho riflettuto e se Mirco ne è uscito incolume, perché non provare? Non siete affascinati da questo mondo? Non siete curiosi?»

«Vi state spingendo oltre. Un conto è osservare, scoprire e studiare, ciò che ci è concesso. Voi volete superare una soglia pericolosa» intervenne Roberta.

«Non potete impedirlo. Mi dispiace per la tua preoccupazione» disse Mirco con fermezza.

Roberta si allontanò scuotendo il capo.

«Quando intendete farlo?» chiese Alessandro.

«Non prima di aver assaggiato la zuppa, non si sa mai che possa morire» scherzò Luca.

«Che stronzo!» esclamò Roberta.

La decisione presa da Mirco e Luca fu immensamente apprezzata dall’entità suprema di quella colonia. La regina sorvegliava i suoi nuovi figli, seduta sul suo trono, compiaciuta. Avevano chiesto la sua protezione e lei gliel’aveva concessa. Ora le appartenevano. Chi entra, non esce.

Luca intanto aveva lavato quattro ciotole in terra cotta e quattro cucchiai di legno. Ritornare a cucinare e mangiare come si faceva secoli prima lo eccitava, ne era profondamente affascinato. Roberta continuava a sfogliare uno dei libri, senza realmente vederlo. Continuava a pensare alla follia del loro esperimento. Inoltre sarebbe rimasta da sola con Alessandro e questo le piaceva ancora meno. Se le entità si fossero sentite minacciate dalla loro intrusione e avessero posseduto ancora il corpo del ragazzo per ucciderla?

Alessandro giocherellava con i cuccioli di prolago, avvinto dalla loro spiccata intelligenza.

Si tratta della nona parte del romanzo, siete giunti quasi al traguardo… Seguite per scoprire come andrà a finire.
Trovate l’autrice qui: Annamaria Ferrarese