Oltre la porta – Racconto breve di Annamaria Ferrarese –

OLTRE LA PORTA

«Mi raccomando ragazze, non combinate guai! Le pizze sono appena arrivate e noi stiamo uscendo. Saremo di ritorno non più tardi di mezzanotte e mezza, okay?» disse Clelia, la madre di Luisa.

«È bellissima, signora Clelia!» esclamò Rosa con un gran sorriso.

«Grazie tesoro. Su, andate a mangiare prima che si raffreddi tutto.»

Era da tanto che aspettavano di rifare un pigiama party, e questo in particolare, perché sapevano che sarebbero rimaste sole.

«Credi sia una buona idea lasciare cinque ragazzine di quattordici anni, da sole?» chiese Fabio a sua moglie mentre chiudeva la porta.

«Sono ragazze responsabili, mi fido ciecamente di loro» rispose lei prendendolo sottobraccio.

*

Dalla cucina, ognuna di loro prese il cartone con la propria pizza per disporlo sull’ampio tavolino del salotto. Luisa prese il telecomando della TV e si rivolse alle amiche: «Allora che ne dite, horror?» 

Si scambiarono un’occhiata complice.

«Va bene, ma vi prego non dove ci sono esorcismi, d’accordo?»

«Sei una fifona, Giada!» la canzonò Roberta.

«Zombi?» propose Stefania.

«Oh, si! Ho visto il trailer di una serie coreana su Netflix, che ne dite?» 

«Pessima idea, Luisa. Non faremo mai in tempo a guardarla tutta prima che i tuoi rientrino.»

«Ha ragione Rosa. Che ne dite di quello con Bill Murray? Mi pare si intitoli “I morti non muoiono”» chiese Giada.

«Mai sentito, ma per me va bene, per voi?» Luisa attese l’okay delle altre pronta alla ricerca del film.

Il film iniziò, mentre loro divoravano le pizze a grandi fette.

«Giada, questo film è una noia mortale! Credevo facesse paura e invece fa solo ridere!»

«Che ti aspettavi Roby? Ti ho detto che era con Bill Murray.»

Roberta fece spallucce e continuò a guardare.

Quando ebbero finito di mangiare, Luisa iniziò a raccogliere i cartoni delle pizze.

«Metto in pausa il film?» chiese Rosa.

«No, per carità! Non vedo l’ora che finisca!»

«Mi dispiace, non pensavo fosse così lento…» si scusò Giada.

Intanto Roberta aveva già il cellulare in mano e scorreva sui social, annoiata più che mai.

Quando furono dinuovo insieme, Roberta propose un nuovo gioco, che sicuramente avrebbe dato una scossa a quella deludente serata con le amiche.

«Guardate, su questo blog ci sono giochi maledetti, potremmo farne uno, che dite?»

Le ragazze si accostarono per vedere il blog.

«Guardate, questo è nuovo, deve averlo postato oggi. Vediamo cosa ci occorre. Allora ci servono: un paio di candele, dell’incenso…» Roberta guardò Luisa in attesa che le confermasse di avere quelle prime cose e lei le fece un cenno di assenso, quindi proseguì, «Due fogli e una penna. Bene direi che abbiamo tutto!»

«Vado a prendere quello che ci serve, torno subito.»

Luisa sparì nell’andito buio, per ritornare poco dopo con l’occorrente.

«Dovremmo spostarci in camera tua, ci serve la porta chiusa» fece notare Rosa.

Si spostarono nella camera di Luisa, dove materassini e sacchi a pelo erano già stati organizzati.

«D’accordo, cosa dobbiamo fare?» chiese Giada.

«Accendiamo le candele e l’incenso, poi su uno dei fogli scriviamo la parola “CIAO” e l’altro foglio con la penna lo metteremo fuori dalla porta e la chiuderemo.» 

Dopo le prime istruzioni di Roberta tutte si diedero da fare, poi l’amica le richiamò.

«Ora mettiamoci in cerchio e prendiamoci per mano. Dobbiamo chiudere gli occhi e ripetere per tre volte questa frase “Spiriti della porta uscite, uscite”. Poi per interrompere l’incantesimo diremmo per tre volte “Adesso apriamo gli occhi, adesso per favore vattene”, poi mi alzerò e andrò a controllare se un’entità ci ha lasciato un messaggio e dovrò bussare sei volte alla porta e pronunciare, sempre per sei volte, la frase “Vai fuori, sto arrivando, esci, esci, esci”. Siete pronte? Studiatevi bene quel che dovremmo dire, poi inizieremo.»

Quando tutte si sentirono pronte si misero in cerchio sedute per terra, al centro disposero le candele, l’incenso e il foglio con la parola “ciao” scritta a caratteri cubitali.

«Bene, siete pronte? Chiudete gli occhi. Ora!»

«Spiriti della porta uscite, uscite!» ripeterono all’unisono le parole magiche, col batticuore.

Poi recitarono la conclusione, prima di aprire gli occhi.

«Adesso apriamo gli occhi. Adesso per favore vattene!» ripeterono per tre volte, poi finalmente aprirono gli occhi.

Un risolino nervoso ed eccitato le travolse.

«Ssssh!» le zittì Roberta. Si piazzò davanti alla porta e iniziò a bussare: TOC TOC TOC TOC TOC TOC.

Poi fu la volta della frase.

«Vai fuori, sto arrivando. Esci, esci, esci!» Quell’ultimo mantra pareva non avesse fine, e l’eccitamento generale cresceva tanto da sembrare incontenibile. Finalmente Roberta aprì la porta mentre le amiche si stringevano l’una all’altra. SI chinò a raccogliere il foglio con la penna.

«Chi è stata la stupida?» chiese seccata, mostrando il foglio con una scritta in corsivo.

«Oddio!» esclamò spaventata  Giada.

«Chi ha messo il foglio fuori?» volle sapere Roberta.

«Sono stata io, ma non ho scritto nulla, te lo giuro!»

«Si, si… Hai rovinato tutto, Luisa!»

«Fammi vedere» le disse strappandole via il foglio dalle mani.

«”Una per ciascuna”» lesse ad alta voce.

«E che vuol dire?» chiese sempre più spaventata, Giada.

«Niente, non vuol dire proprio niente, Giada. Luisa ci ha voluto fare uno scherzo» le rispose Roberta, mandando un’occhiataccia verso Luisa.

«Avanti, non vedi che non è la mia calligrafia?»

Anche le altra si avvicinarono a leggere il messaggio.

«È vero, non le assomiglia per niente…» constatò Rosa.

«Guardate che non ci vuol nulla a scrivere in un altro modo. Dammi qua, vi faccio vedere.»

Roberta prese la penna e scrisse la stessa frase per tre volte, cambiando grafia ogni volta. E lo mostrò alle amiche, «Che vi avevo detto?»

Giada si rilassò, mentre le altre scoppiarono a ridere. Solo Luisa sembrava perplessa, anzi, forse era il caso di dire “spaventata”. Ma cosa significava la frase scritta nel foglio che era stato al di la della porta? Lo accartocciò lanciandolo nel cestino. Dopo aver spento le candele e l’incenso, ognuna di loro prese posto nel proprio giaciglio, iniziando subito a spettegolare sulle loro vicissitudini amorose, come fossero state delle donne vissute.

Luisa non riusciva a togliersi di mente la frase comparsa sul foglio e intanto fissava la porta chiusa. E se al di là di quel legno ci fosse stato uno spirito pronto a far loro del male? Si alzò di scatto dal letto e aprì la porta, spalancandola sul corridoio buio. Tirò un sospiro di sollievo nel vederlo deserto e silenzioso.

«Perché hai aperto la porta?» chiese Rosa.

«Sentivo caldo. Siamo in tante e poi siamo da sole, di che ti preoccupi?» si giustificò lei.

*

Una dopo l’altra, presero in mano il proprio dispositivo abbandonando le chiacchiere per un’ultima sbirciatina ai social.

Quando i respiri delle sue amiche si fecero ritmati e pesanti, Luisa diede un’occhiata all’ora: 11:54. Ancora un po’ e i genitori sarebbero rincasati, spense l’abatjour sul comodino e aspettò nel silenzio, solo allora avrebbe potuto dormire. 

Inizialmente aveva lo sguardo perso nel buio della sua stanza, ora invece notava una luce lontana che rischiarava appena, appena l’andito. Forse si era scordata la luce della cappa della cucina… meglio così. Diede uno sguardo alle amiche che dormivano sul pavimento intorno a lei e fu allora che si accorse di uno strano fumo bianco sulla porta, ma quando guardò meglio, vide che non c’era nulla. Spostò lo sguardo verso il cestino dove aveva buttato il messaggio e dinuovo le parve di vedere ancora quel fumo bianco, non quando guardava direttamente, solo con la vista periferica era in grado di vederlo. Il cuore prese a galopparle nel petto, il fumo si avvicinava separandosi e avvicinandosi. No, non era fumo! Erano veli! Veli bianchi che fluttuavano nella stanza. Spostò lo sguardo verso i piedi del letto, li davanti non c’era nulla, ma ai lati ogni velo si era piazzato sopra ognuna delle sue amiche. Cercò di gridare, ma l’urlo le morì in gola. Vide i veli infilarsi sotto le coltri dei loro giacigli e vide con sgomento le coltri abbassarsi come se i corpi si fossero dissolti, per poi riprendere il loro posto. 

Si accorse di tremare, un fremito convulso che non riusciva a trattenere. Guardò dritta verso il cestino e fu allora che vide l’ultimo dei veli insinuarsi sotto il suo piumone. Oramai lo shock faceva da padrone, quando vide un rigonfiamento che, dai piedi strisciava fino al suo viso. Un sibilo asmatico proveniva da sotto il piumone proprio all’altezza del suo petto, fino a quando l’orribile viso non le si mostrò a pochi centimetri dalla sua faccia. Gli occhi erano completamente neri, e non perché fossero di quel colore, no! Erano due pozzi scuri e profondi dove regnava il nulla e in quel nulla Luisa vide cosa era accaduto mentre la testa dell’essere emergeva dalle lenzuola. Il sorriso largo che si apriva sul marciume della sua bocca emanava un orribile tanfo, la pelle del viso, grinzosa e grigiastra era incorniciata da folti capelli stopposi, quasi bianchi. 

Un gioco innocente si era trasformato in un incubo. Il numero delle partecipanti era quello giusto, perché l’incantesimo potesse riuscire. Cinque dovevano andare, perché cinque potessero tornare.

«Non avresti dovuto riaprire la porta» sibilò la Janas.

Gli occhi sgranati di Luisa fissavano quelli dell’essere, mentre una forza misteriosa la svuotava dell’anima, percepì appena le lacrime scorrere sulle tempie prima di svanire.

Sotto il piumone una giovane Janas asciugava le lacrime del corpo rubato, mentre sorrideva soddisfatta.

Di Annamaria Ferrarese