Il pastore tedesco: Racconto breve di Gaetano Antonio Riotto

IL PASTORE   TEDESCO

Alan era un tipo solitario, avanti negli anni, dopo una vita di duro lavoro si era ritirato a vivere in quella che chiamava la sua tana, una casetta di tronchi e pietra circondata da una folta vegetazione di conifere, castagni e querce secolari.

La casa era posta sopra un’altura, un’alta collina dalla quale si dominava la splendida vallata sottostante che si estendeva a perdita d’occhio chiusa da alte montagne che nei giorni d’estate apparivano azzurre e all’alba e al tramonto si coloravano di un caldo colore cremisi. Durante i lunghi mesi invernali tutto si appiattiva, la fitta nebbia ne impediva la vista e rendeva il panorama monotono e piatto.

Alan amava quei freddi gelidi mesi, gli piaceva trascorrere le lunghe serate accanto al camino dal quale la calda fiamma di un grosso ceppo ardeva scoppiettando allegramente e riempiva la stanza di incredibili giochi di ombre.

Li seduto, scriveva per ore fumando la sua pipa preferita o a volte trascorreva ore immerso nei suoi pensieri.

Amava vivere li, il villaggio piu vicino era ad alcune ore di distanza e spesso in inverno la neve caduta copiosa faceva si che non potesse raggiungerlo per settimane ma ad Alan non importava, lui “sentiva” la neve molti giorni prima che cadesse, e si procurava tutto il necessario prima che ciò avvenisse.

Nella sua “tana” aveva tutto quello che gli occorreva, le sue armi, i suoi libri, cibo, le sue pipe ed una grossa scorta di tabacco.

Ma gli mancava qualcosa. Da sempre aveva desiderato avere un cane, lo aveva voluto sin da bambino, ma i suoi genitori prima e le vicissitudini della sua vita dopo lo avevano privato di questa grande gioia.

Aveva fatto molto progetti, aveva perfino deciso un nome per il suo amico peloso, ma mai nonostante lo volesse fortemente era riuscito a possederne uno.

Anche quella sera mentre all’esterno della baita il vento piegava sotto il suo poderoso freddo alito gli alberi secolari e le nuvole a tratti coprivano una grande luna piena, sprofondato su una rossa comoda poltrona in cuoio Connolly, accanto al fuoco ,Alan inseguiva i suoi pensieri, si vedeva correre felice per i prati insieme al suo Wolf, così infatti da sempre aveva deciso che si sarebbe chiamato il suo cane, correvano felici e poi stanchi si stendevano sull’erba profumata che odorava di primavera e di muschio e la sua mano abbronzata carezzava a lungo la grossa testa del suo Wolf.

Un lieve rumore all’uscio lo distolse dai suoi sogni, un ramo portato dal vento pensò e stava per immergersi nelle sue fantasie quando il rumore si ripetè, questa volta piu forte.

Non può essere il vento pensò Alan alzandosi   dalla poltrona e presa la sua arma preferita si avviò verso l’uscio.

Una vita avventurosa lo aveva reso molto prudente ed era consapevole di vivere in un posto isolato, fuori da qualsiasi mappa, e poi non giravano buoni voci laggiu’ in paese su quella collina , la gente diceva che era maledetta, che era infestata dalle streghe, che tanti cacciatori molti anni prima non avevano piu fatto ritorno dalle loro battute di caccia su quella collina e mai nessuno era riuscito a saperne qualcosa, sembravano si fossero semplicemente dissolti nel nulla. Lui non credeva a queste dicerie, anzi ne era quasi contento, tutto questo aveva fatto si che fosse riuscito a strappare al precedente proprietario, un ometto piccolo e mite, quella casa ed un immenso lotto di terra ad un prezzo ridicolo e soprattutto nessuno si avventurava fin lassu’.

Quando conclusero l’affare erano ambedue felici, lui per averla comprata e l’ometto per essersene finalmente liberato.

Dopo tempo seppe che la credenza popolare attribuiva proprio al posto dove era costruita la casa l’epicentro da dove si scatenavano le forze del male.

Lo capi quando le poche volte che scendeva al villaggio per provvedere ai suoi fabbisogni, la gente che incontrava si tiravano da parte lasciandogli il passo ed alcune vecchie donne addirittura si facevano il segno della croce, lui sorrideva ed alle piu acide faceva le boccacce, le donne a quel punto affrettavano il passo e si stringevano le une alle altre.

Si avvicinò all’uscio e lo aprì, subito una raffica di vento gelido lo avvolse e delle nere nubi coprirono la luna sprofondando lo spiazzo nelle tenebre.

Alan aguzzò gli occhi quasi a voler perforare il buio della notte ma per quanto si sforzasse non vide nulla, scrollo le spalle e stava per rientrare quando udì lo stesso rumore, abbassò lo sguardo verso i suoi piedi e lo vide.

Era li, raggomitolato su se stesso, che lo guardava con i suoi occhietti ancora cerulei ed un pochino strabici.

E tu chi sei? Da dove vieni? Cosa fai qui in questa notte terribile? Chiese Alan chinandosi e prendendo in braccio quel batuffolo di morbido pelo.

Chiuse la porta alle sue spalle ed accese la luce nella stanza.

Aveva trovato il suo Wolf.

Il cucciolo dal tavolo dove lo aveva deposto lo guardava con interesse.

Era un cucciolo di Pastore Tedesco, bello come pochi ne aveva visto, meraviglioso come sempre lo aveva sognato.

Depose la Colt sulla poltrona e come un padre d’avanti al suo primo figlio si avviò in cucina a scaldare un poco di latte.

Forse era l’emozione o forse no, ma mentre accudiva ai fornelli ebbe l’impressione che la luce nell’altra stanza si spegnesse ed un forte odore di marcio e di morte gli prese la gola.

Mise il latte appena scaldato in una ciotola nuova di zecca e lo porse al lupetto.

Wolf, questo è per te, disse felice.

Il cucciolo lo odorò e si girò disgustato.

Alan ci rimase male, forse è ammalato pensò, mise il latte da parte ed esaminò il lupetto.

Per quanto ne capiva era in buona salute, non era ferito ed il morbido pelo era molto lucido, segno che non aveva sofferto carenze alimentari ma il suo corpicino era terribilmente freddo

Forse non gli piace il latte, disse tra se e se, e si avviò nuovamente in cucina.

Ancora una volta ebbe l’impressione che la luce si abbassasse nell’altra stanza e ancora una volta un forte odore di marcio e di morte raggiunse le sue narici.

Aprì il capiente frigorifero e tirò fuori un grosso pezzo di carne, lo depose su uno spesso tagliere e preso dal ceppo un largo coltello ne taglio un pezzo.

Poi cominciò a sminuzzarlo, Wolf è molto piccolo pensava, devo fargli dei pezzettini minuscoli.

Fu un attimo, con la mente assorta nel pensiero del piccolo Wolf si distrasse e la lama del coltello penetrò profondamente nella sua mano.

Accidenti, questo non era previsto pensò Alan, depose il coltello e si avviò nella stanza dove teneva l’armadietto del pronto soccorso.

Dalla mano ferita grosse gocce di sangue cadevano sul pavimento.

Tenendo la ferita stretta con l’altra mano, raggiunse l’armadietto e stava per aprirlo quando dietro di lui apparve il piccolo Wolf.

Alan si arrestò sbalordito, il cucciolo andava leccando ogni goccia di sangue caduta sul pavimento e sembrava crescere goccia dopo goccia.

Aprì l’armadietto e per farlo dovette togliere la mano che teneva chiusa la ferita, subito un fiotto di sangue vermiglio inondò il pavimento.

Mentre cercava le bende e qualcosa per disinfettarsi gli parve di sentire un ansimare alle sue spalle, si girò e quello che vide lo rese quasi folle.

Il cucciolo non c’era piu al suo posto un enorme lupo dagli occhi di bracia stava lappando la larga chiazza di sangue sul pavimento.

Tu… Tu non sei Wolf mormorò Alan.

Il grosso lupo sembrò capire, si eresse sulle zampe posteriori ed un gorgoglio terribile esplose dalla sua profonda gola mentre il suo corpo si trasformava.

Quando assunse una forma umanoide il gorgoglio si trasformò in gutturali parole .

No piccolo, stupido uomo, non sono Wolf, io sono tutto e nessuno, io sono quello che è sempre stato e sempre sarà, io sono il male e tu…tu sei mio.

Quando il mese successivo il garzone del Market del villaggio giunse all’eremo di Alan trovò la porta schiantata, il mobilio distrutto e il cadavere sventrato di Alan inchiodato a testa in giu alla cappa del camino.

Tutto attorno un’insopportabile odore di marcio e di morte.

 Nessuno acquistò mai piu quella casa che anno dopo anno sferzata dal vento della arida brughiera ,è quasi del tutto crollata, ed ancora oggi chi si aggirasse tra le sue rovine in gran parte coperte di rovi , percepirebbe un forte odore di marcio e di morte.